Bocce e Bestemmie

Aver vissuto un’infanzia in una periferia veneta a cinquanta metri da un’osteria è segnante di ricordi di un certo tipo.
Un’osteria frequentata da un 30% di saggi ignoranti di bassa montagna e un 70% di dottorato popolare di alto Polesine. In quello scenario era rilevante l’aspetto enogastronomico (che in un’osteria e’ piuttosto intuibile che di gastronomico ci fosse poco) ma lo era altrettanto la comunicazione tra gli individui. Una comunicazione, per quanto primitiva, e’ un fatto importante. E’ l’essenza, l’anello comune, il protocollo di comunicazione che caratterizza il travaso di informazioni e stati d’animo. Li’ la chiave di accesso era la bestemmia. L’imprecazione comunque forniva l’intenzione, come una sorta di like o dislike di qualcosa che e’ accaduto.

Sostenere che per i veneti la bestemmia sia la punteggiatura, vuol dire minimizzare il fenomeno. La bestemmia veniva detta comunque, spesso solo quella. Dovevi esprimere una reazione positiva? La dicevi con il sorriso, era un disprezzo? La dicevi severamente. Alcuni concetti si basavano interamente in un costrutto sofisticato di bestemmie, a volte erano concetti anche complessi ma venivano ugualmente compresi e commentati… a bestemmie naturalmente.

Veniamo all’aspetto ludico.L’osteria aveva due campi di bocce, a nessuno sarebbe passato per la mente di chiamarlo bocciodromo ma era proprio la forma primitiva di questo. In quell’osteria c’erano due arene, due teatri di performance sociali uniche. Lo scenario vedeva i giocatori di bocce, normalmente divisi in due squadre e gli spettatori. Quest’ultimi non erano per nulla comparse, anzi, erano figure attive nella scena . Non ho mai capito se nel match gli spettatori fungevano da tifoseria, mi sembrava piuttosto che fosse un mondo di giocatori passivi o una squadra a parte di allenatori, tutti conto tutti.

Io di tutto questo ricordo bene gli schiocchi. Gli schiocchi davano il via a momenti effimeri di fragore intenso che animavano le giornate bocciofile, soprattutto quelle calde estive. Lo schiocco era la bocciata secca, praticamente uno scontro tra una boccia di pietra contro un’altra e il quasi contemporaneo rumore sordo del rimbalzo sulla tavola di legno a bordo campo. TA-TOC! E qui partiva un indotto come un atto naturale dovuto. Gli uccelli avevano un sussulto e cambiavano ramo, le lucertole scattavano rapide verso una nuova posa e i cani annoiati drizzavano la groppa con un abbaio breve quasi timoroso. E poi giù il fragore di districate bestemmie dell’arena bocciofila a strascico del TA-TOC! che a seconda della clamorosita’ del punto variava il suo protrarsi e la sua violenza. Poi giù il silenzio ancora, le stradine vuote e povere di traffico erano una sala d’aspetto che attendeva il nuovo clamore, una diga a tempo che da li’ a poco avrebbe ceduto per lasciar passare una cascata di bestemmie e schiamazzi.
Gli schiocchi si protraevano fino a sera e rappresentavano l’ossatura ritmica e il battere e levare della giornata per cani, gatti, lucertole e persone.